giovedì 23 gennaio 2014

Sean Mencher - la chitarra dietro al suono degli High Noon


Questa volta ho il grande onore di intervistare quello che secondo me è una vera grande star della musica rockabilly mondiale: mr Sean Mencher. Sicuramente il suo nome, all'inizio, non dirà quasi niente ai più, ma, se ci addentriamo nel panorama della musica rockabilly, i nomi "High Noon" e "Ronnie Dawson Band" faranno alzare le orecchie ai chitarristi più curiosi! Ebbene si, lui è stato il chitarrista del fantastico, esplosivo, virtuoso trio "drumless" texano (gli High Noon) e anche il chitarrista del "blonde bomber" Ronnie Dawson. Già solo queste due esperienze basterebbero a classificarlo come un nome storico di questo panorama, ma lui ha continuato a lavorare con una miriade di artisti, come chitarrista di Willie Lewis per esempio, o come produttore per band del calibro dei "Two Timin' Three" oppure per Jessie Lee Miller. Dotato di una grande tecnica (che ruba a piene mani da Chet Atkins e Merle Travis) e di un grande gusto, che gli permette di passare abilmente dal classico e autentico rockabilly, al jump blues, allo swing, al country tradizionale, passando per western swing e rock and roll granitico, è sicuramente un'autorità mondiale quando si parla di tecnica (e lui ne ha veramente tanta…). Come spesso mi capita quando voglio intervistare qualcuno, mi è bastata una email per ricevere una pronta e disponibile risposta! Non mi stancherò mai di dire che i migliori artisti sul palco sono delle persone splendide anche sotto al palco!!! E Sean ne è l'ennesima conferma! Quindi godetevi le sue parole….magari mentre ascoltate il suo lavoro sull'ultimo disco della Bear Records dove il nostro intervistato accompagna il SOMMO Ronnie Dawson nel tour che lo portò ad esibirsi addirittura alla CARNEGIE HALL a New York!!!


Diego: Ciao Sean, grazie per il tempo che mi stai dedicando, per iniziare puoi parlarmi di come è iniziata la tua carriera musicale?
Sean: Ciao! Ho iniziato a suonare quando ero un adolescente a Washington DC. Ero fortemente influenzato da grandiosi musicisti locali come Tex Rubinowitz and the Bad Boys, Danny Gatton, The Nighthawwks e tanti altri!

Diego: Dimmi qualcosa degli High Noon e come mai avete deciso di suonare in trio senza batteria?
Sean: Noi, io con Shaun Young e Kevin Smith, abbiamo deciso di formare un combo senza la batteria perchè volevamo imitare il suono dei nostri dischi preferiti, Johnny Cash con Luther Perkins e Marshal Grant, oppure Elvis con Scotty e Bill, o ancora Buddy Holly su Blue Days, Black Night. Questo tipo di sonorità accentua lo slap del contrabbasso, il picking della chitarra elettrica e lo strumming della chitarra acustica, tutto con un fortissimo senso dello swing! Ci sono tantissime altre influenze nella mia musica, comunque, tutte cose ovvie che mi tornano in mente sempre.

the High Noon

Diego: Vi è mai mancata una batteria?
Sean: Qualora ne avessimo avuto bisogno (e ne hanno avuto, specie nei tour con R. Dawson, nda) sono fortunato di conoscere la Principessa del Ritmo, ossia Lisa Pankratz!

Diego: Sono un grande fan di Ronnie Dawson…quindi mi piacerebbe sapere qualcosa a proposito del Blonde Bomber (il nome d'arte di mr Dawson) dalla bocca di chi ci ha lavorato a stretto contatto!
Sean: Ronnie Dawson era un "rockin' gentleman", amico prima di tutto, mi manca ogni giorno! Mi sento sempre fortunato di essere riuscito ad incrociare la mia carriera con la sua e di essere riuscito a condividere il ROCK AND ROLL con lui. Se non l'avessi visto (ma io l'ho visto almeno cento volte…..nda) cerca la sua esibizione allo show di Conan O'Brien su YouTube, oppure il cd edito dalla Bear Records con gli estratti del nostro tour che ci portò fino alla Carnegie Hall (che ovviamente sto ascoltando mentre traduco questa intervista…nda). Queste due testimonianze riassumono tutto.


Diego: Cosa mi puoi dire dei tuoi chitarristi preferiti?
Sean: I miei chitarristi preferiti sono troppo numerosi per essere menzionati. Ad ogni modo Merle Travis è uno dei miei preferiti per tanti motivi! Ha scritto grandi canzoni, e ha scritto la strada per una tecnica chitarristica, il Travis Picking, chiamata così dopo il suo smodato uso e il suo sviluppo, ma ha anche disegnato la chitarra solid body insieme a Paul Bigsby. E' stato anche un attore in tv e al cinema…una eredità di tutto rispetto penso!

Diego: Come mai usi sempre il thumbpick? Anche per fare il picking alternato….non lo trovi scomodo?
Sean: Beh io non lo trovo così scomodo, anzi non so farne a meno! Se fossi stato il membro di una bluegrass band avrei certamente suonato il banjo e non il mandolino. Su tutto comunque adoro il suono del thumbpick!

Diego: Ti ho visto suonare un sacco di strumenti, archtop, solid body, acustiche…quale è la tua preferita? E perchè?
Sean: E' vero ne ho avute e suonate tante, e le ho amate tutte per motivi sempre differenti! Ad ogni modo ho due chitarre che sono le mie numero uno! La mia amata telecaster e la mia Martin 00-18V

Diego: Ho visto che la tua telecaster principale è passata dalle mani di quel genio chiamato TK Smith (nelle passate pagine del blog trovate pure un'intervista a questo artigiano-musicsta-liutaio e quant'altro), mi puoi descrivere che lavori ha fatto sulla tua telly?
Sean: L'obiettivo era renderla simile allo strumento usato proprio dal mio idolo, Merle Travis, ma con un vibrato bigsby…ed è quello che TK ha fatto alla perfezione! Quella chitarra è un sogno che diventa realtà!

Diego: Come mai un solo pick up e al ponte? Proprio per l'amore verso Merle Travis?
Sean: Il motivo è semplice, troppo spesso la punta del mio thumbpick sbatteva nel pick up frontale…che ho deciso così di togliere!
La telecaster modificata da TK Smith di Sean Mencher

Diego: Cosa mi puoi dire a proposito amplificatori ed effetti?
Sean: Tutto dipende dal tipo di spettacolo che devo fare…ma gli ampli valvolari sono i miei preferiti! Come effetti mi limito ad un delay, il reverbero dell'ampli e, qualche volta, un Nocturne, che è un pre-amp che boosta il sound.

Diego: Mi puoi parlare del tuo lavoro come produttore? Interagisci in studio con le bands-artisti che produci?
Sean: Grazie per avermelo chiesto! Amo questo aspetto del mio lavoro! Si! Ho lavorato con diverse band, supervisionando il loro lavoro in studio di registrazione. Io lo considero un onore e cerco di fare del mio meglio per ottenere il sound migliore! Ho prodotto finora 5 cd degli Starline Rhythm Boys, un eccellente rockin' trio! Sono stato anche fortunato a produrre il primo cd dei Gin Palace Jesters a Nashville! E' stato un bel colpo! E anche il disco di Jessie Miller, intitolato "Now you're gonne be loved" per la Goofin' Records. E c'è altro, come il disco di debutto degli Astonishing King Memphis, un grande combo di rock and roll. Riguardo il mio approccio in studio posso solo dire che ogni situazione è veramente differente dalla precedente, la cosa migliore è avere fiducia nelle proprie orecchie e nel proprio cuore, solo così si riesce a fare il meglio!

Diego: Cosa mi puoi dire invece dell'approccio in studio con gli High Noon? Devo essere sincero, amo il "mood" delle vostre registrazioni….avete sempre registrato dal vivo in studio vero?
Sean: Si è vero! E' tutto live in studio, tranne per qualche overdub come le urla su "Rockin' Wildcat". In generale comunque quasi tutto è sempre stato come suonare dal vivo, ma dentro uno studio di registrazione, mantenendo lo stesso spirito! Devo essere grato a Janne Haavisto, un produttore veramente brillante, ma anche un ottimo batterista e un caro amico!!! E anche grazie a Pete Hakonen, presidente della Goofin' Records, che ha sempre creduto in noi!!!

Diego: Ho letto le note di copertina del cd registrato alla Carnegie Hall con Ronnie Dawson, e ho letto che molte tracce sono state registrate usando SOLO una coppia di SM57….possibile???
Sean: La registrazione delle tracce al Fairmount Indiana, fatte da Greg Wolske, sono state veramente fatte con due SM57!!! Strano ma vero (ascoltatele e rimarrete strabiliati…credetemi!!! nda).

Diego: Cosa vuol dire per un musicista rockabilly calcare il palco della Carnegie Hall?
Sean: Ti assicuro che è stato uno dei momenti migliori della mia carriera e della mia vita! Sopratutto perchè è successo insieme a delle persone che stimo sul serio, come Ronnie Dawson, Shaun Young, Kevin Smith e la superlativa Lisa Pankratz! Mi sono sentito prode di rappresentare, in quell'istante, la chitarra rockabilly e la musica rockabilly in generale!!!



da sinistra a destra: Sean Mencher (el guitar), Shaun Young (ac guitar), Lisa Pankratz (drums), Ronnie Dawson (el guitar and voice) e Kevin Smith (double bass)

Diego: Quali sono i tuoi piani per l'immediato futuro? Dove è diretto il tuo lavoro adesso?
Sean: Come al solito un sacco di cose…nuove canzoni, tanta pratica, tante gigs…e, su tutto, sto mettendo insieme il "Sean Mencher's Rockin' Guitar Seminar", che sarà dall'una alle quattro del pomeriggio del prossimo New England Shake-Up, sabato 27 settembre nella Executive Room. Sarò il moderatore e il conduttore di una tre ore intensissima, dialogando e suonando insieme ad alcuni chitarristi eccezionali, come Ashley Kingman, Miss Amy Griffin, Tjarko Jeen e James Gaudette (tutti nomi da brivido….nda). Parleremo di tante cose riguardanti la chitarra rockabilly, condivideremo le nostre esperienze, i nostri trucchetti del mestiere, cercando di trasmettere "conoscenza"! Ci tengo veramente tanto a questo seminario!





Diego: Grazie Sean per queste perle di saggezza e per la tua disponibilità nei miei confronti!
Sean: Grazie a te Diego, e grazie a tutti i lettori! E' un onore e un piacere parlare di chitarra e della musica che amo!!! Salute e felicità a tutti voi amici!!!! Go-Cat-Go!!!!
Sean Mencher







lunedì 13 gennaio 2014

Cucinare una buona Telecaster-Step 3: i pick up


Penultimo appuntamento con le mie considerazioni su come assemblare-costruire-customizzare la propria Telecaster. Dopo aver parlaro di legni (manico, corpo, misure, finiture ecc ecc) è adesso il momento dei famigerati PICK UP!!! Il mercato ne è pieno zeppo! Ce ne sono di tutti i tipi e di tutte le forme, con tutte le caratteristiche possibili….avventurarsi nella selva di questa scelta è cosa ardua! Io mi limiterò a parlare dei pick up che negli anni ho usato e montato sui miei strumenti. 
Fender '52 replica
Fender Texas Special
Fender No-Caster
GFS Vintage Voiced
Bare Knuckle 55 Staggered
Joe Barden Danny Gatton Model

PS. Quando parlo di pick up mi riferisco al pick up al ponte! Perchè? Semplice! Perchè è quello che "strumentalizza" il suono di una tele…una volta scelto quello al ponte, per come mi piace, ne accoppio uno dalle caratteristiche, in termini di livello di uscita, simile al suo "compare", di modo che, quando uso i due pick up insieme, uno non predomini sull'altro stravolgendone il suono (quello dei pick up insieme, che AMO!!!).
Ma, prima di parlare dei pick up che io stesso ho usato e testato negli anni, è giusto fare una premessa: il pick up aiuta, ok, ma non stravolge uno strumento, che, se è buono, suonerà bene anche con un pick up dozzinale. Alla base dobbiamo avere uno strumento ben fatto e risonante!!! Da quel momento potremmo accentuare (o smorzare) certe caratteristiche dello strumento con un pick up specifico!!! Altra cosa a cui tengo tantissimo: un pick up (specie uno per telecaster….) non può costare alcune cifre inaudite che sento in giro! Materiali e lavorazione, credetemi, sono abbastanza semplici se, alla base, c'è gusto e competenza!
Quindi, da adesso, un piccolo paragrafo per ognuno dei pick up in questione….buona lettura!

Fender '52 Replica
E' stato il primo pick up che ho provato, e, onestamente, lo trovo piatto e senza carattere.
Pro: basso costo e reperibilità, suono eccessivamente standardizzato, per uno strumento "educato"
Contro: troppo anonimo e senza carattere

Fender Texas Special
L'ho usato per anni sulla mia tele costruita da Claudio Dini di Vintage Corner; il suono è frizzante e tagliente, con un buon livello di uscita, ma a volte sembra "impallare" il suono dell'ampli perdendo un poco di dinamica
Pro: basso costo, suono straricco di acuti (magari su chitarre in alder e tastiera in palissandro aiuta ad avere più twang…)
Contro: non si sposa con tutti gli ampli e con tutti gli overdrive, poca dinamica, distorto tende ad essere "zanzaroso"

Fender No-Caster, Custom Shop
Ottimo pick up! Con un suono fifties niente male, quindi potente, ricco degli estremi di banda, pompato….ricorda il suono di Roy Buchanan.
Pro: reperibilità e rivendibilità, suono grosso (per certi versi sembra un vecchio p90)
Contro: poco pulito e "scuro" (per quanto possa essere scuro un pick up da telecaster….)

GFS Vintage Voiced
Trovato per caso su uno strumento preso online, niente niente male! Ricorda il suono dei Lindy Fralin delle chitarre di un mio caro amico e famoso telecasterista country, che ricerca un suono squillante e pulitissimo….appena ho scoperto il RIDICOLO prezzo sul loro sito sono rimasto piacevolmente sconvolto (23 dollari!!!)
Pro: costo bassissimo, suono pulitissimo e squillante (se vi piace il new country lo trovo adattissimo)
Contro: poco grosso se si cerca un suono alla Danny Gatton o Bill Kirchen

Bare Knuckle '55 Staggered
Il mio pick up preferito! Suono grosso e ricco di twang, quando pulito è frizzante e carico di "sbrangggg"….quando aumento il drive (riducendo gli acuti dal controllo del tono) il suono si avvicina al mega saturo del reverendo Billy Gibbons, roba da suonare dello shred credetemi! Se, sul suono pulito, o leggermente crunchy, chiudo appena appena il tono e il volume, il suono si avvicina molto verosimilmente a quello di un p90. Un must da avere o da provare….
Pro: versatilità e suono corposo
Contro: prezzo, ci vogliono circa 150 euro per uno solo di questi pick up….e non sono pochi!!!

Joe Barden Danny Gatton Model
E' stato il pick up che ho tenuto per meno tempo sulla mia tele….troppo estremo…poco versatile! Sicuramente il suono che a me usciva era DIVERSISSIMO da quello di Danny Gatton (curiosando sui blog però tutti parlano di enormi differenze sonore tra i primi modelli prodotti, quelli usati da mr Gatton, e i recenti) e non mi ha entusiasmato. Se avessi voluto suonare della musica rock, di stampo rollingstoniano, probabilmente sarebbero stati i migliori, ma per un sound retrò e rockabilly li ho trovati inadeguati
Pro: suono gigantesco, quasi un humbucker
Contro: prezzo elevato e poca versatilità

Per concludere il discorso alla perfezione vorrei provare dei Lollar, di cui tutti parlano benissimo! Intanto vi lascio con un connubbio perfetto ad opera di Jim Weider (telecaster del '55, bassman del '57 ed echoplex….goduria per le orecchie!)
Stay Twang!!!!


domenica 12 gennaio 2014

Un giorno con i Reverend Horton Heat



Lo scorso fine giugno ho avuto l'onore e il piacere di partecipare (come musicista e come membro dell'organizzazione) alla prima e unica data italiana dello storico trio texano, capitanato da Jim Heat: i Reverend Horton Heat.
Questo eccezionale combo, orgoglioso di provenire dallo stato della stella solitaria (stato a cui dobbiamo tantissimo per ciò che riguarda la musica….in tutti i generi!!) è attivo dal 1985, e ha, con il tempo, raffinato uno stile tutto suo, che fonde il tradizionale rockabilly col punk, col country, col rock granitico e di matrice sudista, senza scordare il surf e qualche capatina nella musica tex-mex. 
Devo ammetterlo, li adoro! Le loro canzoni sono sempre un pugno allo stomaco, mai scontate, sempre fresche e trascinanti; la voce di Jim Heat è pungente e i testi sono ironici e carichi di verità, esposte in maniera goliardica ma drammaticamente vera (la sua "Galaxy 500" affronta il tema del divorzio in maniera scanzonata, nonostante i disagi enormi del "post vita matrimoniale"); la ritmica (sorretta da Jimbo al contrabbasso e Scott Churilla alla batteria) è mostruosa! E poi la chitarra…che dire, il "reverendo" Jim Heat, pur non essendo un virtuoso o un innovatore, ha uno stile riconoscibilissimo e sempre azzeccato! Sconvolge quando usa frasi di estrazione "country" all'interno di un veloce e nervoso psychobilly, e quando gioca con gli armonici per costruire frasi complesse (modulandole col vibrato della sua Gretsch signature) lascia a bocca aperta. Pesta come un dannato il plettro sulle corde, mentre il resto del corpo (in una elegante mise da vecchio cantante country) sembra slegata dalle sue mani, mantenendo un decoro che ti aspetti da un attempato crooner, e il sorriso sulle sue labbra non accenna mai a svanire. 
Il loro show verte sulle loro composizioni originali o su alcuni "dovuti" tributi al rock and roll (durante lo show ad Atessa, al Custom Party, hanno eseguito un tributo all'87enne Chuck Berry e una dissacrante versione di quella che è considerata la prima canzone rock and roll della storia, ossia "Rock this joint", dal repertorio di Bill Haley and the Comets…dove, e non posso mascherare l'emozione, mi hanno invitato sul palco per duettare….vi giuro che quasi quasi mi tremavano le ginocchia).
Avendo io stesso fatto da tramite tra gli organizzatori e il managment americano, è toccato a me accoglierli al loro arrivo, occuparmi della strumentazione e, sopratutto, stare a contatto con loro!!! Grande emozione ma anche grande responsabilità (il rider tecnico era gigantesco! Le esigenze onstage, a detta dell'agenzia, enormi….e le richieste "mangerecce" irrealizzabili!). Però, appena arrivati in hotel e assaporato la cucina abruzzese, rider e richieste assurde sono miracolosamente evaporate, il clima si è disteso in maniera spiazzante, e sono diventati, tutti e 5 (band più road manager e fonico), i migliori amici di sempre!!!

La richiesta per gli ampli onstage era praticamente irrisolvibile (due ampli Gretsch, quelli nuovi per intenderci, ridisegnati dalla Victoria Amp…onestamente non ne ho mai visto uno in giro….quindi non avrei saputo dove reperirli) però sul palco c'erano un sacco di valide alternative, oltre al mio Bassman c'erano gli stack Fender di Nick Nitro (dei 59ers) e di Simone di Maggio (Astrophonix)…eppure Jim Heat mi ha esplicitamente chiesto un "piccolo" fender…un Deluxe 65 possibilmente! Fortunatamente Marco Gioè (dei Marilù) aveva con se proprio quell'ampli!!! Mi sono chiesto come mai un chitarrista come il reverendo, abituato a suoni enormi, saturi e distorti, grossi come una betoniera carica di cemento, si potesse accontentare di 22 "miseri" watt, ma, una volta salito sul palco (e dopo aver "rollato" tutti i controlli, tranne il reverbero, al massimo) il SUO suono eccolo uscire da quel piccoletto che quasi mi faceva pena in mezzo a "pezzi grossi". Volume e "sostanza" non mancavano! Un enorme palco è stato riempito dal suo sound, tanto da non volere assolutamente la sua chitarra nei monitor a terra o negli in-hear-monitor. La sua pedal board ridotta all'essenziale (un booster, che forse non ha mai toccato, un delay Ibanez analogico, un accordatore e un pedale volume della Ernie Ball, col quale emulava il suono di una pedal steel guitar) e la sua chitarra (trasportata dentro un gigantesco flight case) la sua storica Gretsch 6120DSW con gli humbucker filtertron della TVJones (sul catalogo Gretsch questo strumento esce a suo nome…e non è da tutti avere uno strumento Gretsch signature!). Corde 0,10-0,46 nuove (Ernie Ball se non erro) e plettri personalizzati abbastanza duri. Poca roba, perfettamente funzionante e suono preciso e incisivo! Senza fronzoli o orpelli che avrebbero snaturato il suo sound.
Passare del tempo con Jim Heat è stato splendido! Ho sfoderato la mia migliore faccia di bronzo e gli ho scodellato una miriade di domande sulle sue esperienze, sulla sua formazione musicale, sui suoi progetti passati e futuri…e lui, avendoci preso gusto, ha iniziato a parlare a ruota libera elogiando l'Italia che stava scoprendo e gli italiani che stava conoscendo. Riporto, di seguito, degli estratti dalla nostra piacevolissima conversazione.

Diego: Jim cosa ci dici del prossimo disco dei Reverend Horton Heat (disco la cui uscita è programmata per Gennaio del prossimo anno), durante il sound check hai suonato due pezzi nuovi, suonano come i vecchi dischi dei RHH vero (yeah!!!!)?

Jim: il precedente disco era di orientamento country, mi era sembrata una mossa "normale" per un artista rockabilly, in genere tutti gli artisti di questo genere lo suonavano solo ed esclusivamente quando erano dei "ragazzetti", ma il loro obiettivo era entrare nelle charts della country music; ma il nostro pubblico ama il "Reverend Horton Heat" sound, quindi il prossimo disco sarà quasi un ritorno alle origini.

Diego: il tuo rapporto con l'Italia è stato sempre "bizzarro", diversi concerti cancellati negli anni…eppure qui hai un sacco di seguaci, perchè?

Jim: abbiamo sempre avuto difficoltà con l'Italia! L'ultimo concerto cancellato (dicembre del 2011) in realtà era una completa bufala! Noi non ne sapevamo NIENTE! Ed eravamo stupiti dall'enormità di richieste di informazioni riguardanti quello show!!! Colpa di alcuni promoter….non ti nego che siamo stati quasi sul punto di rifiutare altre proposte per venire a suonare in Italia! Meno male che tutto, adesso, è finito per il meglio! (la band, il giorno dopo il loro arrivo, ha pubblicato un messaggio ufficiale sulle loro pagine sui social network dove elogiavano l'accoglienza e il cibo! E, il giorno dopo il concerto, scrivevano parole entusiaste su pubblico e tutto il resto! Belle soddisfazioni!!! nda)

Diego: sono forse uno dei pochi che possiede una copia del tuo disco "The Reverend Organdrum" (trio dove il Reverendo Jim Heat suona la chitarra insieme ad un hammondista e un batterista, senza basso, solo strumentali di stampo sixties jazz), cosa mi dici di quel progetto?

Jim: eheheh….siamo tutti e tre vicini di casa! Un'idea nata quasi per gioco, per passare, suonando, i tempi off tour…ci riunivamo nei bar della zona con il solo obiettivo di passare qualche piacevole ora insieme. Il disco condensa quel repertorio e il mood di quel progetto! Tim Alexander (hammondista in questo progetto ma anche membro degli Asleep At The Wheel) ha suonato in parecchi dischi dei RHH, sopratutto su "Revival", ed è un grande amico ed un eccezionale artista!

Diego: come mai sei passato dall'usare grossi ampli (come un Super Reverb silver face) a quelli più piccoli e meno potenti (Gretsch e Fender Deluxe appunto)?

Jim: mi piace il suono che ne esce quando li spremi all'inverosimile. Ne adoro l'overdrive naturale e, una volta fatto l'orecchio a questo suono, non ne so fare a meno!

Diego: sei uno degli artisti più attivi dal vivo, come sopporti la vita on the road (i RHH sono stati capaci di tour di quasi 300 date all'anno in lungo e in largo per il mondo)?

Jim: adesso siamo molto più "calmi" limitandoci a fare lunghi tour inframmezzati da periodi di riposo a casa medio-lunghi. Prima stavamo veramente tutto l'anno sul nostro tour bus, costantemente in giro, facendo follie assurde! Però non rimpiango niente! Una volta andammo fino a New York, partendo dal Texas (e sono più di 2000 km, nda), solo per fare una data, ma, dopo quella, ci si aprì letteralmente uno spicchio di America dove non riuscivamo a mettere piede nella maniera corretta! Il nostro lavoro è anche questo…ancora oggi raramente viaggiamo in aereo usando la strumentazione dell'organizzazione; preferiamo nettamente stare in tour con tutto il nostro backline, che ci permette di avere sempre il nostro suono, che scommettere ogni sera su come potrà andare (qui in Italia ci è andata benissimo!!!)

Diego: cosa ne pensi dell'Italia?

Jim: penso che dovrebbe tornare ad avere la sua moneta (!!!!!) data l'enormità di risorse che possiede potrebbe gestirle meglio con un suo sistema finanziario indipendente….io penso che tutti gli stati debbano essere indipendenti dagli altri (vale anche per il Texas!!!) e avere il proprio conio.

Sono tante le cose che mi ha detto il "Reverendo", molte non le ricordo, altre le tengo per me (si tratta di temi familiari e di gestione dei rapporti sociali che forse non è il caso di spiattellare in un articolo); sottolineo che non si tratta di una vera e propria intervista ma di un riassunto di alcune ore passate insieme a lui, ore senza prezzo che mi hanno riempito l'anima di gioia e soddisfatto una di quelle "voci della lista delle cose da fare prima di morire"!
Spero che il suo spirito e la sua carica riescano ad emergere dalle mie parole!
Stay Rock!
Stay Roll!
Viva il Reverendo!!!
Don Diego